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Riflessione sul ruolo dell'artista dall'antichità all'età moderna

  • Immagine del redattore: Alice Maniaci
    Alice Maniaci
  • 6 giu 2019
  • Tempo di lettura: 3 min

Dall'antichità al Medioevo il ruolo dell’artista, con le sue eccezioni, è sempre stato quello di artigiano, di colui che si guadagna da vivere con il lavoro manuale, posto in una condizione sociale inferiore rispetto ai nobili e ai letterati.

Nell’Antica Grecia gli artisti erano i βάναυσοι (letteralmente "banausoi") ovvero <<coloro che si guadagnano il pane con il lavoro di mano>>)  e l’arte era etichettata con le varie tecniche come  artigianato; già all'epoca però si possono trovare artisti che si elevano dalla semplice condizione di artigiani fino a diventare veri e propri τὸποι ( pl. da "topos" <<luoghi comuni>>) in contrasto con il banausos : tra questi artisti troviamo nomi come quelli di Fidia, di Apelle e Zeusi, che grazie alla loro capacità artistica ricevettero onori e prestigio.


(Jacques-Louis David, Apelle dipinge Campaspe davanti ad Alessandro Magno, Musée du beaux-Artes, Lille)

Il ruolo dell’artista comincerà a cambiare nel quattrocento quando verrà affiancato a quello degli intellettuali, andando ad inserirsi all'interno delle arti liberali, di grado più elevato e nobile.

Un problema che rimane ancora oggi irrisolto è quello del salario di un'artista; su di esso verranno aperte molte discussioni.

Il pagamento nei tempi antichi e fino ai grandi artisti del Quattrocento, era effettuato in baso al rapporto Valore/Lavoro, ovvero venivano calcolate le ore di lavoro dell’artigiano e in base a queste si valutava l’intera opera.

Ma l'arte non è certo quantificabile in base a questo rapporto. 

Il primo artista che vi si opporrà sarà il genio quattrocentesco Leonardo Da Vinci: mentre era intento a lavorare all'Ultima Cena, a causa di un blocco dei lavoro per mancata ispirazione, Leonardo si trova costantemente sottoposto alla pressione del priore del convento e del duca di Milano, Ludovico il Moro che aspettavano impazienti il completamente dell'opera.


«Gl'ingegni elevati, talor che manco lavorano, più adoperano, cercando con la mente l'invenzione e formandosi quelle perfette idee, che poi esprimono e ritraggno le mani da quelle già concepite nell'intelletto».

L'attesa però era dovuta al bisogno di tempo di Leonardo per concepire le espressioni così diverse dei personaggi, che dovevano essere realistiche ma anche essere funzionali alla narrazione; più specificatamente l’artista si era bloccato di fronte alle espressioni  di Giuda e di Gesù, concludendo poi la sua ricerca completando il volto del traditore, simile oltretutto a quello del noioso priore, in una posa che vuole quasi sfuggire alla vista dei compagni e lasciando volutamente incompleto quello di Gesù, per mancanza di capacità di qualsiasi artista di ritrarre ciò che è divino.


(Leonardo Da Vinci, particolare di Cristo, Ultima Cena)

Il ruolo dell’artista come abbiamo precedentemente detto comincia a elevarsi con alcuni personaggi greci che decisero di firmare volontariamente le loro opere, per uscire così dall'anonimato dell’artigianato, ma già nell'antica Roma perderemo questo interessa della firma, così come nel Medioevo, salvo alcune eccezioni.


Nell’antica Grecia tra alcuni dei nomi di artisti rimasti nella storia troviamo quello di Policleto con il suo trattato riguardo di canoni di bellezza del corpo umano, appunto il Canone Policleiano; nel medioevo Cennino Cennini con il “libro dell’Arte” discuteva dei giusti modelli da porre come base per lo studio di un'apprendista: la discussione si basava sul fatto che esso si dovesse rifare alla natura o alla specifica maniera di un grande artista o di più artisti suoi precedenti.

Ma i primi che si emanciparono davvero dalla condizione di artigiani furono gli architetti, che seguendo le idee del trattato sull'architettura di Leon Battista Alberti preferirono la progettazione all'esecuzione manuale dei loro monumenti: l’artista si conferma come tale e appartenete ad una classe più elevata nel quattrocento, periodo di umanisti e trattatisti, e rifletterono sulla loro condizione e sui modi di fare arte.

L’artista viene rivalutato in base alle sue qualità stilistiche e non più in base al materiale dell’opera, ne è un esempio la porta bronzea della basilica di San Pietro di Averulo, detto il Filarete, che nonostante avesse usate un materiale meno ricercato rispetto all'argentea di Biondo Flavio, aveva dimostrato capacità artistiche ben maggiori al precedente artista.


(Leon Battista Alberti, Chiesa di S. Andrea, Mantova, 1472)

La conoscenza della prospettiva e dell'anatomia garantirono l'inserimento della pittura e della scultura tra le arti liberali al pari livello della letteratura, della mitologia e della storia.


Si ha un'elevazione della figura dell'artista, visto come colui che modella la materia bruta sfruttandone le potenzialità fisiche e che si rifugia nel mondo dell'inconscio e dell'immaginario:


«Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni » 


Vengono conferite all'arte caratteristiche vicine alla magia e atteggiamenti di terrore e di rispetto nei confronti dell'artista, visto come "mago", "genio", "veggente" che mette la propria arte al servizio della comunità.  


(Gustav Klimt, Serpente d'acqua 2, 1904- 07 olio su tela)

 
 
 

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