top of page

La prospettiva

  • Immagine del redattore: Alice Maniaci
    Alice Maniaci
  • 6 giu 2019
  • Tempo di lettura: 3 min

Dal verbo latino prospìcere dal significato di "guardare avanti" o ancor meglio "veder lontano", si ottiene il nome di quella tecnica pittorica che noi oggi conosciamo come Prospettiva.

questa tecnica consiste in un procedimento geometrico-matematico che consente di riprodurre corpi tridimensionale su un piano bidimensionale inquadrati da un certo punto di vista affinché lo spettatore abbia l'impressione di vedere la realtà.

La prospettiva fa parte di quelle tecniche illusionistiche di cui si servono gli artisti per stupire e ingannare l'occhio umano.

(paesaggio architettonico, affresco, Pompei 40-45 d.C.)

La prospettiva è in realtà un tecnica assai antica: non ci sono trattati classici (greci) che ne teorizzino regole e procedimenti, e non siamo ancora del tutto sicuri se e come fosse usata dai pittori antichi, ma molto rilevanti sono i resti di pittura romana che ci sono pervenuti: essi infatti si rifanno in gran parte alla maniera ellenistica e in alcuni affreschi sono ben visibili scorci prospettici e illusioni ottiche sebbene ancora molto approssimative e intuitive. La ricerca di realismo viene meno per tutto il Medioevo,bisognerà aspettare fino al Trecento, con l'avvento di Giotto per riavvicinare l'illusione pittorica alla realtà naturale.


"Credette Cimabue nella pintura tener lo campo, e ora ha Giotto il grido, sì che la fama di colui è scura:" (Dante,Purg. XI 94-96)

Così Dante Alighieri ci parla di Giotto, come un artista che superò il proprio maestro in bravura e ancora Giovanni Boccaccio nel Decameron ne illustra la conquista del naturalismo:

“ebbe un ingegno di tanta eccellenza, che niuna cosa dà natura, madre di tutte le cose ed operatrice col continuo girar de’ cieli, che egli con lo stile e con la penna o col pennello non dipingesse sì simile a quella, che non simile, anzi più tosto dessa paresse, intanto che molte volte nelle cose da lui fatte si truova che il visivo senso degli uomini vi prese errore, quello credendo esser vero che era dipinto. E per ciò, avendo egli quella arte ritornata in luce, che molti secoli, sotto gli error d’alcuni che più a dilettar gli occhi degl’ignoranti che a compiacere allo’ ntelletto de’ savi dipingendo intendevano, era stata sepulta, meritamente una delle luci della fiorentina gloria dirsi puote.”

(Giotto, la cacciata dei diavoli di Arezzo, particolare dei demoni, delle storie di S.Francesco, 1295-97, Basilica superiore di S.Francesco, Assisi)

Proprio Giotto aveva ripreso l’illusione pittorica nelle sue opere operando con scorci prospettici ancora intuitivi e sperimentali; lo si può vedere nei particolari dei cori dipinti della cappella Scrovegni a Padova dove l’artista vuole dare allo spettatore l’impressione di vedere dei cori perfettamente scorciati racchiusi sotto una grande volta a crociera ed illuminati dalla luce che filtra direttamente da un bifora a sesto acuto.



Alla teorizzazione della prospettiva come procedimento matematico e geometrico si giungerà solo nel Quattrocento con Filippo Brunelleschi che attraverso i suoi esperimenti ottici attuati con su due tavole, oggi perdute, riuscì a studiare un metodo per portare la realtà così come si vede un una superficie bidimensionale: si ha cosi la cosiddetta Prospettiva Lineare.

Questo tipo di prospettiva che si basa su regole matematiche e griglie geometriche è anche conosciuta come prospettiva monofocale in quanto riproduce la realtà prendendo come riferimento un unico punto detto “punto di fuga”; è una riproduzione proporzionale della realtà poiché rispetta le distanze nello spazio e non le dimensioni gerarchiche delle figure in uso nel medioevo.

Nel 1435 Leon Battista Alberti la teorizza nel suo trattato già citato, del “De Pictura” imponendo come principi fondamentali un unico punto di fuga e il rapporto proporzionale tra figure nello spazio raffigurato.

Si apre così ai nostri occhi una finestra sulla realtà dove tutte le distanze si calcolano attraverso il ''raggio centrico'', ovvero il segmento tra la figura e l'occhio di chi vede individuato nel punto di fuga, che poggia su una linea orizzontale detta ''linea d'orizzonte''.

La posizione di quest'ultima linea può cambiare in base al punto di vista:

- visione frontale: la linea d’orizzonte combacia con il centro della visione, un esempio può essere l’Ultima Cena di Leonardo Da Vinci;

-visione dall’alto verso il basso: se la linea è più alta di quella centrale, ad esempio nell’Ultima Cena di Tintoretto;

-visione dal basso verso l’alto: se la linea più bassa di quella centrale, ad esempio nel Trionfo di Venezia di Veronese.


Dopo Brunelleschi tutti i pittori cominciarono a far proprie le regole della prospettiva ottenendo risultati sempre più scrupolosi e fedeli alla realtà delle cose: una tra le prime utilizzazioni fu attuata da Masaccio nella Trinità di S.Maria Novella a Firenze, dove l’artista si è basato su una griglia geometrica perfettamente ispirata alle scoperte di Brunelleschi.

A seguire la prospettiva diventerà argomento di trattati rinascimentali di Piero Della Francesca “De Prospectiva Pingendi” e nei “Manoscritti” di Leonardo Da Vinci, che teorizzò una nuova idea di prospettiva.

Leonardo teorizzerà la Prospettiva Aerea affermando che: più gli oggetti distano dall’occhio di chi guarda più vengono a contatto con l’aria ed il cielo di colore blu e sfumano i loro contorni, ottenendo così una luce realistica che cambia con il tempo e l’ora del giorno.

Comments


© 2023 by The Artifact. Proudly created with Wix.com

  • Bianco YouTube Icona
  • Bianco Blogger Icon
bottom of page